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Indagine peritale nel rapporto fotocopia/originale

di Bruna Pascali

L’ambito applicativo dell’indagine peritale presenta svariate criticità non soltanto legate alla tipologia di accertamento richiesto, ma anche al materiale in verifica e comparativo oggetto dell’incarico. Tra gli adempimenti tecnici richiesti in ambito peritale vi è infatti l’esame preliminare del materiale da periziare, che deve presentare requisiti minimi di idoneità rispetto all’analisi grafo-tecnica da espletare, sia relativamente alla qualità del documento sia rispetto allo strumento scrittorio utilizzato, anche in relazione al supporto cartaceo. Tali aspetti possono risultare ulteriormente complicati in caso di accertamento su scritti anonimi apposti su supporti non cartacei (si pensi alle scritte sui muri), circostanza in cui maggiore attenzione va posta alle peculiari condizioni di stesura del testo, da valutare anche in rapporto all’inchiostro/strumento utilizzati. Ogni tipologia di accertamento richiede, da parte del perito, l’adozione di particolari cautele e l’utilizzo di risorse tecniche adeguate, incluso l’uso di idonea strumentazione, al fine di fornire una risposta tecnica corretta, coerentemente al materiale periziato e alle condizioni di lavoro. È bene ricordare che il grafologo forense, sia che operi come consulente del Giudice (ctu) che come consulente di parte (ctp) ha l’obbligo deontologico di evidenziare i limiti e le insidie correlate all’indagine, specie ove tali aspetti incidano sul grado di certezza della risposta peritale. In tale ottica, una delle problematiche più frequenti che può presentarsi al perito è correlata alla disponibilità o meno del documento da periziare in originale, aspetto che può incidere notevolmente sulla possibilità di espletare un esame attendibile, in considerazione delle molteplici insidie che sottendono ad un esame espletato sulla mera fotocopia. Da un punto di vista operativo, l’esame su fotocopia rappresenta un’ipotesi molto frequente in quanto spesso il documento oggetto di contestazione (ovvero sul quale è stata apposta la scrittura contestata/disconosciuta) non è nella disponibilità delle parti in causa, oppure è andato fisicamente distrutto. In tale ipotesi, anche in caso di accertamento da espletare nell’ambito di un giudizio in corso, è possibile che il Giudice autorizzi l’indagine peritale sul documento in fotocopia, ove tale adempimento risulti essere indispensabile e risolutivo ai fini della decisione della controversia. Viceversa, nel caso di incarico conferito al consulente di parte, non è insolito che la documentazione venga fornita dal committente solo in fotocopia, data l’indisponibilità dell’originale (ad es. documento custodito dal notaio).

I limiti della fotocopia sotto il profilo deontologico e secondo la letteratura peritale

Anche ove il grafologo forense sia stato autorizzato dal giudice ad effettuare l’indagine sulla fotocopia, è indispensabile tenere a mente i principi consolidati in letteratura peritale, relativamente ai limiti derivanti dall’assenza dell’originale. Solitamente l’assenza del documento in originale espone a due ordini di problemi:

  • Non è possibile risalire ad un originale e dunque il documento potrebbe essere stato confezionato artificiosamente ad hoc (ad es. attraverso collage di più documenti);
  • Non è possibile espletare un’indagine tecnica che tenga conto di tutti i parametri grafologico/peritali (ad es. pressione e tratto non saranno valutabili adeguatamente).

L’illustre Vettorazzo(1), in merito all’analisi su fotocopia, afferma:

«Premesso che è ovviamente preferibile, più affidabile e talora necessario lavorare sugli originali, non bisogna esagerare e si deve essere realistici. Se si tratta di artificio documentale, è pacifico che l’originale è indispensabile per l’osservazione strumentale (anche se l’artificio potrebbe essere rilevabile dalla fotocopia). Lo stesso dicasi in tutti i casi grafoscopici in cui sia necessario osservare la realtà fisica del fenomeno (tratti sovrapposti, profondità del solco, aspetto del supporto cartaceo).
Non si può negare però che molti parametri scritturali siano rilevabili in modo sufficiente anche da una buona fotocopia, come i caratteri di forma, assetto, fittezza, larghezza, calibro, direzione, coesione, velocità. Avremmo però dati imprecisi sulla pressione, il tratto, e i gesti impercettibili.»

Nel Protocollo Enfsi, Manuale di Best Practice, ed. 2020(2), vengono evidenziate le criticità operative connesse al materiale oggetto di indagine, con particolare riferimento all’esame su documenti in fotocopia. “6.2.2 Qualità del materiale esaminato – La qualità del materiale presentato avrà un effetto intrinseco su qualsiasi esame. La seguente lista indica una serie di casi in cui si verifica tale eventualità:

  • La manoscrittura in fotocopia non possiede tutti i dettagli presenti nella manoscrittura originale;
  • Gli inchiostri che sono stati trattati con un solvente sono più difficili da differenziare rispetto agli inchiostri non trattati;
  • Strumenti di manoscritture e/o superfici non-standard (come spray, vernici e superfici esterne).

L'opinione della giurisprudenza sulla validità della perizia su fotocopia

Sulla controversa questione dell’ammissibilità o meno della perizia grafo-tecnica sulla copia fotostatica sono state emesse numerose pronunce giurisprudenziali, che a vario titolo hanno confermato la validità dell’accertamento sulla copia, ove non si disponga dell’originale, pur nei limiti cui tale indagine deve sottostare. In tempi piuttosto recenti la Corte di Cassazione, con sentenza 12978/2020 (Cass. pen., sez. VI,) ha confermato il principio secondo cui, ove il documento in verifica sia idoneo a formare oggetto di valutazione grafologica, il giudizio espresso dal consulente a seguito dell’esame della copia fotostatica, se congruamente motivato, debba considerarsi attendibile. Con tale pronuncia è stato di fatto confermato il principio, già precedentemente affermato dai giudici di merito, della validità dell’esame su fotocopia, demandando al grafologo forense, provvisto di adeguate competenze tecniche e strumentali, la valutazione preliminare sull’idoneità del documento a formare oggetto di accertamento, tenendo conto dei limiti correlati alla fotocopia rispetto all’originale.

Le criticità connesse all’assenza dell’originale tra autografia e autenticità

La mancanza del documento in originale, come detto, può ingenerare il sospetto che il documento sia stato oggetto di confezionamento in modo artificioso, anche se non necessariamente fraudolento, attraverso l’inserimento di parti del tracciato in momenti diversi oppure con l’aggiunta della firma estrapolata da altro documento. È bene distinguere, al riguardo, tra l’oggetto dell’accertamento peritale, che riguarda l’autografia della scrittura/firma, ovvero la riferibilità al soggetto che effettivamente l’ha apposta, e l’autenticità dello scritto, che può essere accertata solo da un soggetto terzo a ciò autorizzato (es. firma autenticata). Anche in caso di documento in fotocopia e/o formato in più tempi, non si può escludere a priori la riferibilità della firma/scrittura allo scrivente, ove sia possibile accertare la compatibilità di parametri scrittori connotativi all’esito del confronto con le scritture comparative autografe. In tal caso il giudizio finale dovrà essere espresso precisando i limiti a cui è stata sottoposta l’indagine. La possibilità di operare digitalmente sui documenti, acquisendone l’immagine su computer e utilizzando le potenzialità dei più comuni software di scrittura o rielaborazione immagini, comporta il rischio di alterazione del documento originale con cancellazione ed inserimento di dati originariamente non presenti. Tale aspetto va considerato con cautela ove l’indagine sia espletata in assenza dell’originale, in quanto i successivi passaggi di fotocopiatura potrebbero rendere difficile, se non impossibile, riconoscere l’aggiunta artificiosa.  In caso di sospetta alterazione del documento, particolare attenzione andrà prestata all’impostazione spaziale, al collocamento della scrittura/firma sul rigo di base, alle dimensioni rispetto alle altri parti manoscritte, ai margini e spazi intorno alla scrittura, con particolare riferimento all’inserimento del tracciato su moduli prestampati, ove la collocazione spaziale risulta parametro altamente caratterizzante.

I limiti della fotocopia e i possibili errori interpretativi del tracciato legati al funzionamento del sistema di copiatura

L’indagine su fotocopia presenta un limite ulteriore nella qualità del tracciato stesso, che per effetto del passaggio di copiatura potrebbe mascherare alcuni aspetti grafici, rendendo la percezione dell’osservatore ingannevole rispetto alla realtà grafica apprezzabile sull’originale. È noto, infatti, che la fotocopiatura può generare un’errata riproduzione di alcune parti del tracciato, che appaiono ingannevolmente più marcate rispetto all’originale, o addirittura possono apparire legamenti tra lettere che in realtà non esistono, falsando la percezione della continuità grafica. Il funzionamento della fotocopiatrice tradizionale (analogica) si basa su un sistema combinato che prevede alcune fasi:
  • Acquisizione dell’immagine attraverso illuminazione di una lampada alogena;
  • Riproduzione attraverso specchi dell’immagine su un tamburo caricato elettrostaticamente in positivo o negativo;
  • Trasferimento delle cariche positive/negative sul toner caricato con carica opposta;
  • Trasferimento delle particelle di toner che compongono l’immagine. 
Tale processo comporta quindi la riproduzione dell’immagine acquisita discriminando tra le parti bianche e quelle nere del documento. Solo le parti colorate vengono attratte elettrostaticamente dal toner, per poi essere stampate. Ne consegue che tutti i valori intermedi di colorazione possono essere interpretati come bianchi o come neri, a seconda delle impostazioni della fotocopiatrice, determinando errori nella riproduzione del tracciato (parti mancanti o aggiunte). Questo aspetto va sempre considerato dal perito in caso di esame su fotocopia, che dovrà esprimere il proprio giudizio riservandosi eventuali rivalutazioni all’esito della visione del documento in originale.

Le insidie tecniche nel distinguere l’originale dalla copia fotostatica e tra fotocopia e stampa: le competenze del grafologo forense.

Proprio in virtù delle numerose insidie legate all’indagine su copia, è indispensabile che il grafologo forense acquisisca competenze specifiche in merito al funzionamento delle tecnologie di copia e di stampa, che risultano indispensabili per non incorrere in macroscopici errori tecnici. Non è infrequente, infatti, nella pratica professionale, avere il dubbio che la scrittura oggetto di verifica sia stata vergata in originale o in copia. La difficoltà può sorgere, in modo particolare, nel caso di inchiostri colorati e anche in considerazione del potenziale utilizzo degli attuali mezzi di riproduzione immagini, piuttosto sofisticati. Da non dimenticare, inoltre, che le moderne tecnologie di digitalizzazione e stampa di documenti prevedono anche la possibilità di modificare l’immagine originaria alterandone la colorazione, la luminosità e il contrasto, con effetti migliorativi. La prima tecnica di osservazione prevede l’analisi diretta e in controluce del documento, sia sul fronte che sul retro del foglio, accompagnata dall’esame tattile, che consente di apprezzare la presenza o meno di un solco pressorio (tecnica del foulage). Il documento può essere osservato, inoltre, attraverso l’illuminazione con luce radente, grazie alla quale viene enfatizzato il solco lasciato dalla penna sul foglio, ove si tratti di un originale. Ove lo scritto sia stato vergato con penna a pennarello, potrebbe essere più difficoltoso distinguere tra un originale e una copia, proprio per il minore appoggio pressorio della penna, che tende a non creare un solco visibile. È fondamentale utilizzare ingrandimenti in microscopia, che consentono di visualizzare meglio il tracciato nella sua composizione, evidenziando le caratteristiche strutturali e cromatiche dello scritto. Al riguardo, va considerato che, sia in caso di stampa che di fotocopiatura, il toner deposita particelle di inchiostro solido sulla carta, tali da risultare riconoscibili sia per lo spessore, sia per la particolare luminosità del tracciato (stampa in bianco e nero) sia per la presenza di microparticelle carboniose disperse sul documento, visibili sotto forma di puntini scuri. Al contrario, in caso di stampa a getto di inchiostro (ink-jet) il tracciato presenterà una caratteristica sfrangiatura ai bordi, effetto delle goccioline di inchiostro che vengono assorbite dalla carta. Nel caso di dubbio fra manoscrittura originale o stampa a colori, l’ingrandimento al microscopio risulterà utile per evidenziare l’aspetto policromatico del tracciato, dovuto alla sovrapposizione di più inchiostri colorati (quadricromia con ciano, magenta, giallo, nero). A ciò è da aggiungere che, in caso di stampa laser, può essere rintracciata sul documento una micro-puntinatura gialla distribuita in modo apparentemente casuale. Tale caratteristica configura un vero e proprio codice identificativo della stampante, in uso dalla maggior parte delle case produttrici, che identifica la data di stampa e il numero di serie della macchina che ha stampato il documento.

Le criticità della fotocopia in relazione agli inchiostri e alle diverse colorazioni

Oltre ai limiti intrinseci della fotocopiatura, è da considerare un ulteriore aspetto di criticità dato dall’alterazione cromatica della visibilità degli inchiostri, nel caso di fotocopiatura in bianco e nero. Tale caratteristica può risultare particolarmente insidiosa in caso di sospetto di documento formato in tempi diversi, oppure in relazione all’indagine su testamenti olografi, in cui occorre accertare la riferibilità alla stessa mano di tutte le parti manoscritte (testo, data e firma). La fotocopiatura in bianco e nero limita di fatto la visibilità degli inchiostri colorati e riduce il margine di certezza sull’accertamento in merito al tipo di strumento utilizzato, compromettendo la verifica di alcuni parametri fondamentali. L’esame grafo-tecnico espletato solo sulla fotocopia non consente di discriminare tra i diversi inchiostri utilizzati, per cui eventuali anomalie o incoerenze grafiche potrebbero non risultare visibili o, al contrario, essere erroneamente interpretate. L’utilizzo di un diverso tipo di strumento determina, infatti, modificazioni grafiche che interessano non soltanto l’appoggio pressorio, ma anche le dimensioni e la continuità grafica. Inoltre, in caso di difetti della penna, che possono generare un’anomala erogazione di inchiostro, l’assenza di analoga inchiostrazione su alcune parti del tracciato potrebbe erroneamente far sospettare l’intervento di una mano estranea. L’indagine su fotocopia espone ad una pluralità di errori interpretativi in quanto la mera riproduzione fotostatica non è sufficiente ad evidenziare le caratteristiche intrinseche dello strumento scrittorio utilizzato. Occorre, pertanto, operare con cautela analizzando i parametri grafici non correlati alla tipologia di inchiostro (forma, dimensioni, rapporti dimensionali, spazi, estensione, allineamento sul rigo) in relazione a ductus, capacità grafica e movimento.

Le insidie correlate alle varie tipologie di inchiostro e le alterazioni fraudolente del tracciato

Fermo restando quanto evidenziato in merito all’esame su fotocopia, anche le indagini su scrittura in originale non risultano esenti da criticità operative, spesso correlate proprio allo strumento utilizzato. Uno degli aspetti più delicati in ambito peritale è l’analisi di tracciati in cui siano visibili diverse colorazioni, con presenza di stampa e inchiostro, o si sospetti l’utilizzo di inchiostri diversi. La casistica in merito è ampia e variegata, arrivando a comprendere gli accertamenti su firme apposte su timbri, l’intersecazione di tracciati inchiostrati e a stampa (es. firme su moduli) o, ancora, l’ipotesi di utilizzo fraudolento di più inchiostri, apparentemente simili ma di natura diversa. Un’ipotesi frequente, che merita particolare attenzione, è quella di documenti potenzialmente formati in più tempi, con utilizzo di strumenti ed inchiostri simili ma riconducibili a datazioni diverse. Tipico il caso di aggiunta fraudolenta di cifre su importi precedentemente indicati (es. assegni).E’ bene precisare che in tutte queste tipologie di accertamento la cautela impone al grafologo forense di operare nei limiti delle proprie conoscenze tecniche, che non sempre sono sufficienti alla risoluzione del caso, ma richiedono un ausilio tecnico specializzato in ambito chimico o fotografico.L’accertamento grafo-tecnico, infatti, non consente di oggettivare – ad esempio – l’effettiva datazione degli inchiostri, ma soltanto di ipotizzare, a fronte di anomalie grafiche, la redazione in tempi diversi. Per la corretta datazione è indispensabile effettuare un esame chimico che preveda l’estrazione di micro-frammenti di scrittura da sottoporre ad invecchiamento per accertare a ritroso la effettiva data di apposizione.Del pari, in caso di intersezione di tracciati manoscritti su tracciati a stampa, non è sempre possibile, anche avvalendosi della strumentazione abitualmente utilizzata in ambito peritale (ingrandimenti in microscopia, IR, luce ultravioletta) discriminare l’ordine di apposizione dei tracciati, in quanto gli ingrandimenti possono risultare ingannevoli. Per tale tipologia di indagine può essere risolutiva l’analisi tridimensionale in Olografia Conoscopica(3), che consente di accertare l’ordine di apposizione dei tracciati anche in caso di assenza di intersezione tra stampa e manoscrittura, analizzando le micro-particelle di toner disseminate sul documento, che intersecano il grafismo. È viceversa possibile, utilizzando l’ispezione ad infrarosso, accertare la presenza di inchiostri diversi sullo stesso tracciato grafico, oppure rilevare tracce di grafite sottostante alla manoscrittura, attraverso la diversa risposta degli inchiostri a differenti lunghezze d’onda.

Le alterazioni fraudolente con aggiunta di parti inchiostrate

E’ frequente, in ambito peritale, trovarsi di fronte ad ipotesi di anomalie o alterazioni grafiche dovute all’aggiunta fraudolenta di parti di tracciato non presenti sul testo originario, al fine di modificare il contenuto del testo o l’importo numerico. L’interpolazione del testo con aggiunte postume può verificarsi sia su contratti che su testamenti, ma frequente è l’alterazione delle cifre su assegni, ricevute o riconoscimenti di debito. Ove l’aggiunta sia stata effettuata utilizzando un inchiostro diverso (proveniente da penne diverse) può essere difficoltoso accertare l’intento fraudolento alla mera osservazione diretta, anche con ingrandimento. In tale fattispecie, l’ispezione ad infrarosso vicino (NIR) attraverso l’irradiazione ad una banda di frequenza inferiore a quella dello spettro del visibile, potrebbe essere risolutiva nel verificare la presenza di inchiostri diversi, perché gli stessi risulterebbero diversamente visibili a seconda della risposta del pigmento alle differenti lunghezze d’onda utilizzate. Ove l’aggiunta sia stata effettuata con il medesimo strumento scrittorio (stessa penna) l’ispezione ad infrarosso potrebbe essere meno risolutiva. In tale ipotesi, è fondamentale l’osservazione – anche a forte ingrandimento – di anomalie grafiche che alterano la naturale dinamica del tracciato originario. L’indagine tecnica dovrà focalizzare l’attenzione sulla presenza di sovrapposizioni, incollature, anomali annerimenti, segni di esitazione o movimento interrotto. Attraverso l’ingrandimento e l’ispezione al microscopio sarà più agevole verificare l’iter formativo e la dinamica esecutiva, anche attraverso l’osservazione delle striature del tracciato (tipiche della penna a sfera) che evidenziano l’orientamento del movimento grafico. 

Conclusioni

L’attività del grafologo forense presenta insidie e criticità sia in relazione alla tipologia di documento e di scrittura in verifica, sia allo strumento grafico utilizzato e, conseguentemente di inchiostro. È onere dell’esperto in grafologia peritale acquisire tutte le competenze necessarie ad affrontare l’ampia casistica che si può presentare nell’attività professionale, al fine di non incorrere in errori interpretativi o metodologici. Solo un’adeguata formazione e preparazione tecnica consente all’esperto in grafologia forense di operare in modo ineccepibile, seppure – ove necessario – evidenziando i limiti tecnici che non consentono di giungere ad una risposta peritale certa, ma solo di grado probabilistico.

Note

  1. Metodologia della perizia grafica su base grafologica, Giuffrè editore, pag. 414
  2. L’Enfsi è un organismo europeo istituito nel 1995 al fine di armonizzare e standardizzare le procedure, i metodi e i protocolli di indagine forense; in esso sono raggruppati i principali istituti di scienze forensi afferenti a 35 Paesi europei
  3. Francesco Dellavalle , fondatore della FORINST, nel 2001 è ideatore della “metodica interferenziale” (tramite l’olografia conoscopica), tesa a oggettivare l’ordine di apposizione di grafismi che si intersecano tra loro

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